DOTTRINE
IL PERDONO
Il perdono è un atto d’amore. Perdonare è una scelta. Un principio di vera libertà nella nostra vita.
Aprirsi al perdono implica un atteggiamento benevolo e benigno pronto a condonare le offese ancora prima che l’altro si pente e riconosca il suo peccato, per non alimentare uno spirito di rancore che, prima di altri, fa male a noi stessi. Con questo stato d’animo saremo pronti a cancellare un oltraggio quando l’altro riconosce il suo peccato; oppure di restare sereni se ciò non avviene. Il perdono è una crescita interiore che raggiunge la sua maturità quando guardando dentro il nostro cuore, riconosciamo che nell’intimo della nostra natura carnale è coltivata la nostra inimicizia verso Dio, sin dalla nascita.
Davide riconobbe la malvagità della natura umana <<Ecco, io sono stato formato nella malvagità; la madre mia mi ha concepito nel peccato>> Salmo 51: 5.
Salomone, figlio di Davide, aggiunge <<Non c’è infatti alcun uomo giusto sulla terra, che faccia il bene e non pecchi>> Ecclesiaste 7: 20.
Paolo lo conferma nella sua epistola <<Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi… Perciocchè se mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per la morte del Suo Figliuolo…>>. Romani 5: 8,10.
PERDONO CONDIZIONATO
<<Il Signore adunque passò davanti a Mosè, e gridò: Il Signore, il Signore, l’Iddio pietoso e misericordioso, lento all’ira, e grande in benignità e verità; che osserva la benignità in mille generazioni; che perdona l’iniquità, il misfatto, e il peccato, il quale altresì NON ASSOLVE PUNTO IL COLPEVOLE…>> Esodo 34: 6,7.
Quando saremo coscienti della nostra condizione di inimicizia verso Dio, radicata nell’amore di noi stessi e dal desiderio di seguire solamente le nostre inclinazioni che sono il fondamento del regno di Satana, comprenderemo che questo amore umano ci impedisce di comprendere l’agape (carità o amore cristiano [2Corinzi 13]) privo dell’egoismo umano ed espresso nel perdono divino. Solo quando, pentiti e affranti, aneleremo l’intervento di Dio perché cancelli la nostra inimicizia verso di Lui e il peccato, innato nella nostra natura carnale, Dio potrà purificare il nostro cuore e farlo rinascere a nuova vita tramite lo Spirito di Cristo. Allora riceveremo il perdono di Dio e potremo perdonare noi stessi prima, e dopo, il nostro prossimo.
“Gli orgogliosi fanno di tutto per guadagnare la salvezza, ma solo la giustizia di Cristo consente di ottenerla. La salvezza di un uomo non può avvenire prima che questi, convinto della sua debolezza e spogliato di ogni fiducia in sè, si sia sottomesso volontariamente a Dio…Quando guardiamo a Colui che abbiamo trafitto, allora piangiamo sui nostri peccati. Tali lacrime manifestano la decisione dell’abbandono del peccato. Gli altri possono considerare queste lacrime come un segno di debolezza; in realtà esse uniscono l’anima penitente con l’Infinito mediante un legame che non può essere infranto. Esse dimostrano che gli angeli di Dio elargiscono di nuovo all’anima le grazie che la durezza del cuore e la trasgressione le avevano fatto perdere. Le lacrime del penitente sono le gocce di pioggia che precedono lo sfolgorio del sole della santità. Questo dolore è il preludio di una gioia che sarà per l’anima una fonte di vita.
La storia biblica ci insegna che il peccato di uomini di Dio, non sempre è passato attraverso un pentimento sincero. Saul, Baalam e Giuda, per citarne alcuni, sono un esempio di pentimento formale che non ha addolorato il loro cuore per avere disubbidito a Dio, ma sono stati spinti dalla paura per le conseguenze della loro colpa, hanno riconosciuto i loro misfatti per un calcolo, non per il profondo dolore di avere offeso Dio.
LA CUPIDIGIA DI BAALAM E GIUDA
“Baalam era un uomo retto, un profeta di Dio, che però aveva apostatato, e che pur professandosi ancora servo dell’Altissimo, si era abbandonato alla cupidigia. Conosceva l’opera che Dio aveva svolto in favore di Israele; e quando i messaggeri gli presentarono i loro scopi (maledire Israele), sapeva bene che era suo dovere rifiutare le ricompense di Balak e congedare gli ambasciatori…Baalam <<amò il salario di iniquità>> 2 Pietro 2: 15.
La cupidigia che Dio considera idolatria, lo rese un opportunista e permise a Satana di dominarlo completamente; e fu la sua rovina… Baalam volendo assicurarsi la ricompensa, prese l’animale sul quale aveva l’abitudine di cavalcare e intraprese il viaggio…<<L’Angelo dell’Eterno si pose sulla strada per fargli ostacolo>>… Baalam non vedeva l’essere celeste che gli stava davanti, non sapeva che Dio stava ostacolando il suo cammino; si esasperò e, picchiando l’asina senza misericordia, la costrinse ad avanzare…
L’Angelo gli disse. <<Perchè hai percossa la tua asina già tre volte? Ecco, io sono uscito per farti ostacolo, perchè la via che batti è contraria al volere mio; e l’asina m’ha visto ed è uscita di strada davanti a me queste tre volte; se non fosse uscita di strada davanti a me, certo io avrei già ucciso te e lasciato in vita lei>> Quando Baalam vide il messaggero divino esclamò terrorizzato:<<Io ho peccato, perchè non sapevo che tu ti fossi posto contro di me sulla strada; e ora se questo ti dispiace, io me ne ritornerò>>
“Se Baalam avesse voluto accettare la luce che Dio gli aveva offerto, avrebbe potuto concretizzare quella preghiera, TRONCANDO SUBITO I SUOI RAPPORTI CON MOAB, rivolgendosi a Dio PROFONDAMENTE PENTITO e cessando di trarre profitto della misericordia divina.
Ma Baalam amava <<il salario d’iniquità>>, e voleva arrivare sino in fondo“.
Egli doveva la sua vita a quel povero animale che egli aveva così crudelmente percosso. Colui che aveva preteso di essere profeta dell’Eterno, che sosteneva che i suoi occhi erano aperti e che aveva visto la <<visione dell’Altissimo>>, era talmente accecato dalla cupidigia e dall’ambizione da non riuscire a scorgere l’Angelo di Dio che invece l’animale aveva visto” CP438,447
Baalam sapeva che quello che lui stava facendo dispiaceva a Dio, ma la sua avidità lo spinse ad andare fino in fondo per procurare la caduta d’Israele. Il pentimento sincero, quindi, presuppone l’abbandono del peccato. In caso contrario è un pentimento formale. Baalam dopo aver fallito nel maledire Israele, pur di non perdere il compenso ideò un trucco per fare cadere Israele nell’idolatria.
“Baalam proponeva di allontanare gli israeleti dal loro Dio inducendoli a cadere nell’idolatria; se si fossero abbandonati ai culti di Baal e Astarte, il loro Onnipotente Protettore (Dio) sarebbe diventato loro nemico, ed essi sarebbero presto caduti nelle mani dei popoli feroci e guerrieri che li circondavano. Baalam vide che quel complotto diabolico aveva successo… Nella battaglia tra Israele e i madianiti Baalam rimase ucciso. Era stato lui a non voler vivere da giusto e ora condivideva il destino dei nemici di Dio.
La sorte di Baalam assomiglia a quella di Giuda. Questi due uomini, che avevano un carattere molto simile, cercando di servire ora Dio ora Mammona, andarono incontro a un vero fallimento. Baalam conosceva il vero Dio e professava di servirlo, e allo stesso modo Giuda credeva che Gesù fosse il Messia, e si unì ai suoi discepoli. Baalam sperava di fare del servizio per l’Eterno un trampolino per ottenere ricchezze e onori terreni, ma il suo fallimento gli costò la vita. Giuda, unendosi con Cristo pensava di assicurarsi quel regno terreno, che credeva che il Messia avrebbe costituito, ricchezze ed onori, ma quando queste speranze svanirono, Giuda apostatò, e ciò fu la sua rovina” CP 451
Quanti oggi sono così accecati! Si avventurano in sentieri proibiti trasgredendo la legge divina e non riescono a discernere che Dio e i suoi angeli sono contro di loro; e, come Baalam, si adirano con coloro che vorrebbero evitare la loro rovina.
L’ORGOGLIO DI SAUL
Saul aveva peccato di presunzione e di disubbidienza verso Dio tanto che Dio lo riprese più volte attraverso il profeta Samuele, ma egli non diede molto peso al suo peccato.
“La battaglia contro i amalechiti che si era risolta con la vittoria più brillante che Saul avesse mai ottenuto, riaccese il più grave difetto di Saul: il suo orgoglio.
L’ordine divino secondo cui i nemici di Dio dovevano essere votati alla distruzione, era stato eseguito solo parzialmente. L’ambizioso Saul, desiderando onorare il suo ritorno trionfale con la presenza di un re prigioniero, si avventurò ad imitare i costumi delle nazioni circostanti. Lui risparmiò Agag, il feroce e guerriero re degli amalechiti; mentre il popolo risparmiò per sè il meglio dei greggi, delle mandrie, delle bestie da soma, sostenendo, per scusare il peccato, che quel bestiame doveva essere offerto in sacrificio all’Eterno… La mattina del giorno dopo il profeta Samuele andò incontro con grande tristezza al re sviato… <<Io t’annunzierò quel che l’Eterno m’ha detto stanotte!… Non è egli vero che quando ti reputavi piccolo sei divenuto capo delle tribù d’Israele?>>. E dopo avergli ripetuto gli ordini che il Signore aveva dato a proposito di Amalek, chiese la ragione della disubbidienza del re.
Saul continuava a giustificarsi, dicendo:Ma io ho ubbidito alla voce dell’Eterno, ho compiuto la missione… ma il popolo ha preso, fra il bottino, delle pecore… per farne sacrifici all’Eterno>> Con parole severe e solenni il profeta smascherò quelle bugie e pronunciò questa irrevocabile sentenza: <<l’Eterno ha egli a grado gli olocausti e i sacrifici come che si ubbidisca alla Sua voce? Ecco l’ubbidienza val meglio che sacrificio… poichè la ribellione è come il peccato della divinazione, e l’ostinatezza è come l’adorazione degli idoli e degli dèi domestici. Giacchè tu hai rigettata la parola dell’Eterno anche Lui rigetta te>>.
Udendo queste terribili parole il re gridò: <<Io ho peccato, poichè ho trasgredito il comandamento dell’Eterno e le tue parole; io ho temuto il popolo e ho dato ascolto alla sua voce>>.
Terrificato dalla denuncia del profeta, Saul riconobbe la colpa che prima aveva ostinatamente negato, ma continuava a incolpare il popolo dicendo di aver peccato per paura di esso. Era la paura delle conseguenze dei suoi sbagli e non la tristezza che deriva dal peccato a spingerlo a supplicare Samuele, dicendo: <<Ti prego perdona il mio peccato, ritorna con me e io mi prostrerò davanti all’Eterno>>. Se Saul si fosse veramente pentito, avrebbe confessato pubblicamente il suo peccato; ma la sua preoccupazione maggiore era quella di conservare la sua autorità e la fedeltà del popolo… era maggiormente preoccupato della disaffezione di Samuele che del dispiacere di Dio.
Lo Spirito Santo rivelò a Saul la sua debolezza e il bisogno della grazia divina. Se Saul avesse fatto assegnamento su Dio, Dio sarebbe rimasto con lui. Per tutto il tempo in cui rimase sotto il controllo della volontà di Dio, ubbidì al suo Spirito, e Dio coronò i suoi sforzi con il successo. Ma quando Saul scelse di agire indipendentemente da Dio, il Signore non fu più la sua guida, e fu costretto ad abbandonarlo. Allora chiamò al trono <<un uomo secondo il suo cuore>> (1Samuele 13:14), non una persona dal carattere perfetto, ma un uomo che invece di confidare in se stesso, facesse assegnamento su Dio e fosse guidato dal Suo spirito; un uomo che, dopo aver peccato, accettasse il rimprovero e rientrasse nella buona strada“ CP 631-636.
IL PENTIMENTO DI DAVIDE
Colui che aveva tramato la distruzione di Saul cercava ora di trascinare Davide alla rovina. Per quanto si trattasse di tentazioni differenti, entrambi portavano alla trasgressione della Legge di Dio… Bath-Sheba, la cui bellezza fatale costituì una trappola per il re, era la moglie di Uria lo hitteo, uno degli ufficiali più fedeli e più coraggiosi di Davide.
Ogni sforzo che Davide compì per tenere segreta la sua colpa si dimostrò vana. Il re, in balia di Satana, circondato dal pericolo, presagiva un disonore più amaro della morte. Vedeva solo una via d’uscita, e nella sua disperazione si affrettò ad aggiungere all’adulterio un’assassinio.
Davide pensava che se Uria fosse stato ucciso dai nemici in battaglia la colpa di tale morte non sarebbe stata attribuita al re, e Bath-Sheba avrebbe potuto diventare sua moglie, fugando i sospetti e mantenedo l’onore regale… La lettera del re ordinava: <<Ponete Uria al fronte e… ritiratevi>>… e così Uria cadde sotto la spada degli ammoniti.
Il peccato del re disonorava Dio. Il profeta Natan ricevette l’ordine di portare a Davide un messaggio di rimprovero severo <<Perchè dunque hai tu disprezzato la parola dell’Eterno, facendo ciò che è male agli occhi suoi? Tu hai fatto morire con la spada Uria lo hitteo, hai preso per tua moglie la moglie sua, e hai ucciso lui con la spada dei figliuoli di Ammon. Or dunque la spada non si allontanerà mai dalla tua casa…>>.
Il rimprovero del profeta toccò il cuore di Davide, risvegliandogli la coscienza; e davanti a quella colpa che gli apparve in tutta la sua enormità, si prostrò pentito davanti al signore, dicendo con tremore: <<Ho peccato contro l’Eterno>>. Davide aveva commesso un grave peccato che avvertiva profondamente, sia verso Uria sia nei riguardi di Bath-Sheba. Ma il peccato contro Dio era infinitamente maggiore. Davide tremava per paura che la sua colpa non fosse perdonata… ma il profeta Natan gli dette questo messaggio: <<L’Eterno ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai>>. CP721
Le conseguenze del suo peccato lo perseguirono tutta la vita, ma la consolazione che il suo pentimento era stato accettato da Dio e che lo aveva perdonato lo rincuorava e rinforzava la sua fede sopportando le conseguenze.
In CP (726) E.White scrive: “Molti hanno contestato la giustizia di Dio in quanto Egli aveva risparmiato Davide, gravemente colpevole, respingendo Saul per peccati molto meno rivelanti. Ma mentre Davide si umiliò e confessò i propri peccati, Saul disprezzò i rimproveri con animo duro e impenitente.
Questo momento della storia di Davide è molto significativo per il peccatore che si pente. Anzi è una delle immagini più forti delle lotte e delle tentazioni che caratterizzano l’uomo, del pentimento genuino nei confronti di Dio e della fede nel nostro signore Gesù cristo. In tutte le epoche tale racconto è stato motivo di incoraggiamento per coloro che, caduti nella trappola del peccato, hanno lottato sotto il peso della loro colpa. MIGLIAIA DI FIGLI DI DIO, TRADITI DAL PECCATO, QUANDO STAVANO PER ABBANDONARSI ALLA DISPERAZIONE SI SONO RICORDATI DI COME IL PENTIMENTO E LA CONFESSIONE SINCERI DI DAVIDE SIANO STATI ACCETTATI DA DIO, NONOSTANTE LA SUA SOFFERENZA PER TALE TRASGRESSIONE; essi hanno così ricevuto il coraggio di pentirsi e di cercare di nuovo di camminare nelle vie dei comandamenti del Signore.
Tutti coloro che, rimproverati da Dio si umiliano attraverso la confessione e il pentimento come fece Davide, possono essere sicuri che c'è ancora speranza per loro. Chi accetta con fede le promesse di Dio troverà perdono. Il Signore non chiude mai la porta a chi si pente sinceramente. Lui stesso ha fatto questa promessa:
<<Lasci l'empio la sua via, e l'uomo iniquo i suoi pensieri: e si converta all'Eterno che avrà pietà di lui, e al nostro Dio che è largo nel perdonare>> Isaia 55: 7.
SALMO 51
Salmo di pentimento
Al direttore del coro.
Salmo di Davide, quando il profeta Natan venne da lui, dopo che Davide era stato da Bat-Sceba.
Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà;
nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti.
Lavami da tutte le mie iniquità
e purificami dal mio peccato;
poiché riconosco le mie colpe,
il mio peccato è sempre davanti a me.
Ho peccato contro te, contro te solo,
ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi.
Perciò sei giusto quando parli,
e irreprensibile quando giudichi.
Ecco, io sono stato generato nell’iniquità,
mia madre mi ha concepito nel peccato.
Ma tu desideri che la verità risieda nell’intimo:
insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore.
Purificami con issopo, e sarò puro;
lavami, e sarò più bianco della neve.
Fammi di nuovo udire canti di gioia e letizia,
ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
e cancella tutte le mie colpe.
O Dio, crea in me un cuore puro
e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo.
Non respingermi dalla tua presenza
e non togliermi il tuo santo Spirito.
Rendimi la gioia della tua salvezza
e uno spirito volenteroso mi sostenga.
Insegnerò le tue vie ai colpevoli,
e i peccatori si convertiranno a te.
Liberami dal sangue versato, o Dio, Dio della mia salvezza,
e la mia lingua celebrerà la tua giustizia.
Signore, apri tu le mie labbra,
e la mia bocca proclamerà la tua lode.
Tu infatti non desideri sacrifici,
altrimenti li offrirei,
né gradisci olocausto.
Sacrificio gradito a Dio è uno spirito afflitto;
tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto e umiliato.
Fa’ del bene a Sion, nella tua grazia;
edifica le mura di Gerusalemme.
Allora gradirai sacrifici di giustizia,
olocausti e vittime arse per intero;
allora si offriranno tori sul tuo altare.
Il perdono di Dio non è solo un atto giudiziario mediante il quale Egli ci assolve dalla condanna; esso non è soltando il perdono del peccato, MA LA LIBERAZIONE DAL PECCATO.
L’amore redentore trasforma il cuore. Davide aveva compreso tutto il significato del perdono quando implorava: <<O Dio, crea in me un cuore puro, e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo>>.
Dio sacrificò se stesso per i nostri peccati nella persona del figlio il quale ha sofferto la morte crudele della croce.
Prima di ricevere in noi e di fare conoscere agli altri l’amore longanime di Dio, è necessario che noi stessi lo conosciamo e crediamo in Lui.
<<Perchè se voi perdonate agli uomini i loro falli, il Padre vostro celeste perdonerà anche voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà i vostri falli>>Matteo 6: 14.
E. White scrive nella Vita migliore, 117: “Chi non perdona si priva del solo mezzo atto a beneficiare della misericordia di Dio. Non pensiamo che, se chi ci ha fatto un torto non confessa il suo peccato, noi abbiamo il diritto di negargli il perdono. Certo, il suo dovere è di umiliarsi col pentimento e la confessione; ma noi dobbiamo mostrarci misericordiosi verso chi ci ha offesi, anche se non riconosce il suo torto. Per quanto egli abbia potuto ferirci crudelmente, non dobbiamo serbare rancore nè addolorarci a dismisura per il torto ricevuto; ma dobbiamo perdonare chi ci ha offesi, come speriamo di essere perdonati da Dio per le offese che Gli abbiamo arrecato.Quando sperimentiamo questo amore infinito di Dio saremo attratti anche noi verso i nostri simili e saremo propensi a perdonare il nostro prossimo”.
“L’ideale di Dio per i Suoi figli va al di là di quanto la mente umana possa concepire. <<Voi dunque siate perfetti, com’è perfetto il Padre vostro celeste>>. Questa esortazione contiene in sè una promessa: il piano della Redenzione mira al nostro completo affrancamento dal potere di Satana. Cristo libera per sempre dal peccato l’anima contrita. Egli è venuto per distruggere le opere del diavolo e per concedere lo Spirito Santo a ogni anima che si pente, perchè sia preservata dal peccato. Nessuna tentazione può essere considerata come una scusa per il peccato. Satana esulta quando i discepoli di Cristo tentano di giustificare i loro difetti. Tali scuse conducono al peccato, ma il peccato resta inescusabile. Ogni figlio di Dio che si pente e crede può acquisire un carattere santo, una vita analoga a quella di Cristo” SU (311).
Noi non meritiamo il perdono di Dio, ma Lui è morto per un atto d’amore nei nostri confronti quando eravamo suoi nemici per poter riunirci a Sè mediante il perdono dei nostri peccati. Siamo chiamati al pentimento, al ravvedimento, al perdono.
Cristo ci ha lasciato un esempio.
Siamo invitati a perdonare, cancellare e dimenticare i torti subiti, benchè non ne condividiamo l’atteggiamento o le azioni.
Tuttavia, il pentimento di chi ci ha offeso o il nostro pentimento verso chi abbiamo offeso, passa al vaglio di Dio perchè solo Dio può stabilire se è sincero.
<<Prendete guardia a voi. Ora, se il tuo fratello ha peccato contro a te, riprendilo; e se si pente, perdonagli. E benchè sette volte il dì pecchi contro a te, se sette volte il dì ritorna a te, dicendo: Io mi pento, perdonagli>> Luca 17: 3,4.