Si allontanano definitivamente le nubi che nelle ultime settimane si erano addensate sui rapporti tra Italia e Israele dopo l'astensione italiana sulla risoluzione Unesco che nega il rapporto millenario tra gli ebrei e i luoghi sacri di Gerusalemme. "Se le stesse proposte ci saranno ripresentate ad aprile, il governo italiano passerà dall'astensione al voto contrario", ha assicurato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni dall'aula di Montecitorio, dopo che nei giorni scorsi il premier Matteo Renzi aveva definito "allucinante" la vicenda ricucendo direttamente con il premier israeliano Benyamin Netanyahu.
Solo poche ore prima, l'incontro per rassicurare la presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni (durissime erano state le sue parole sulla posizione italiana) che non si ripeterà un "errore" simile. "Siamo certi - ha commentato la presidente dell'Ucei terminato il faccia a faccia con Gentiloni alla Farnesina - che d'ora in poi in sede Unesco e nelle altre istituzioni internazionali i nostri rappresentanti faranno registrare un deciso cambio di rotta. L'Italia ha tutte le potenzialità, oltre che il dovere, di essere un punto di riferimento credibile anche per le altre grandi nazioni d'Europa e del mondo". A pace fatta, è giunta come un fulmine da Parigi la notizia di un nuovo voto dell'Unesco. Questa volta è stato il Comitato del patrimonio mondiale ad approvare un'altra risoluzione sulla falsariga della precedente. Un testo passato a scrutinio segreto con 10 voti a favore, due contrari e otto astenuti. L'Italia non fa parte dei 21 membri del Comitato.
Nella risoluzione si insiste a minimizzare il rapporto tra gli ebrei e il principale complesso religioso di Gerusalemme, facendo riferimento a quei luoghi sacri con la sola denominazione musulmana. Un "voto spazzatura", lo ha liquidato prontamente su twitter il portavoce del ministero degli Esteri israeliano Emmanuel Nahshon: "Giustamente l'ambasciatore israeliano nell'organismo ne ha gettato il testo nel bidone dell'immondizia: lunga vita a Gerusalemme ebraica". E in segno di protesta il premier Benyamin Netanyahu ha fatto sapere di apprestarsi a richiamare in patria per consultazioni l'ambasciatore israeliano all'Unesco, Carmel Shama Cohen. Mentre la Knesset, il Parlamento israeliano, ha chiamato in campo la Santa Sede chiedendole di intervenire contro una risoluzione che è "un affronto per i cristiani e per gli ebrei".
''Una risoluzione scandalosa, che fa torto non solo al presente ma anche al passato storico'': ha commentato Netanyahu. ''E' mai possibile pensare a qualcosa di più assurdo? '' si e' chiesto il premier israeliano. ''Saremmo noi a non proteggere (beni culturali, ndr)? Tutti sanno cosa succede nel Medio Oriente dell'Islam estremista che fa esplodere moschee, fa saltare in aria chiese, demolisce siti archeologici, sgozza yazidi, sgozza musulmani dissidenti, sgozza cristiani e tutto quanto gli capita per le mani. Chi va condannato - ha concluso - non e' certo Israele che merita invece ogni lode e che e' un faro di progresso, di tolleranza e di rispetto dei diritti altrui''.
Polemizzando con Israele, il segretario generale dell'Olp Saeb Erekat ha sostenuto al contrario che "la risoluzione votata dall'Unesco mira a riaffermare l'importanza di Gerusalemme per le tre religioni monoteistiche: il Cristianesimo, l'Ebraismo e l'Islam". "Attraverso una campagna ben orchestrata, Israele usa rivendicazioni di carattere archeologico unite alla distorsione di fatti per legittimare l'annessione della Gerusalemme est occupata", è l'accusa di Erekat.